Karate Okuden
Analizzando l’evoluzione dello stile Shotokan di Funakoshi si nota come i suoi validi principi abbiano subito, nel corso del tempo, delle modifiche che hanno perso di vista l’obiettivo dell’efficacia.
Oggi il Karate sembra diventato uno sport dove non si colpisce niente, dove impera il formalismo estetico e gli esercizi non hanno tra loro alcun collegamento; la ricerca dell’efficacia sembra svanita.
Il Karate a contatto proposto dal Maestro Salvatore Mayol, IV dan Makotokai e IV dan Shotokan, mira a ridare nuova linfa all’arte marziale, tornando alla pratica originale e fornendo ai praticanti una reale efficacia.
Il combattimento proposto è a contatto totale e lo studio dello stesso comprende Tuite (prese, leve e disarticolazioni), Kyusho jutsu (utilizzo dei punti vitali), Hojo Un-do (tecniche di condizionamento e irrobustimento), Kikō (tecniche per lo sviluppo dell’energia interna).
Altra caratteristica sono posizioni forti ma non rigide o formali e lo studio è improntato alla ricerca della velocità, della potenza, della leggerezza e della stabilita utilizzando il movimento fluido.
Inoltre il particolare metodo di studio dei Kata permette di conoscere il modo di portare tecniche sempre più efficaci. Non esistono tecniche segrete non trasmissibili in quanto letali, bensì applicazioni letali di tecniche normali che acquistano efficacia perché la forza generata è sufficiente a ledere.
Storia
Il karate antico, o Tode-jutsu, aveva un carattere di assoluta segretezza: si trattava di un sistema di tecniche letali che non potevano essere insegnate a chiunque. Ogni scuola di karate provvedeva quindi a rendere inaccessibili le tecniche sia dall’esterno, codificando o tramandando kata concepiti proprio per impedire che venissero riconosciute, sia dall’interno, insegnando le tecniche vere a pochi allievi di cui erano state ampiamente verificate, dopo anni e anni di pratica, le qualità richieste, la serietà e la purezza d’animo.
Il Karate-Do giapponese divenne, in seguito, l’esatto opposto del Tode-jutsu okinawense: un’attività educativa basata su una semplificazione del karate antico, da cui erano state cancellate sia tutte le tecniche letali sia le metodiche per l’allenamento di queste tecniche.
Le tecniche potevano essere occultate nei kata stessi con metodi che differivano sensibilmente a seconda della tradizione della scuola.
Questi metodi sono essenzialmente cinque:
- Introducendo nel kata un movimento parziale, che mostrava cioè solo in parte la tecnica reale e quindi soltanto coloro che avevano ricevuto l’insegnamento della sua completa applicazione potevano sapere, mentre gli altri avrebbero inutilmente continuato a cercare l’applicazione di un movimento incompleto e senza alcun significato.
- Introducendo nel kata un movimento caratterizzato da una forte somiglianza con un’altra tecnica, in modo tale che venisse regolarmente interpretato in modo sbagliato.
- Introducendo nel kata un movimento inverso rispetto alla sua applicazione reale.
- Tenendo l’insegnamento di un kata separato dai principi con cui le tecniche andrebbero applicate e fornendone nel frattempo soltanto applicazioni elementari. In alcuni casi esisteva perfino un “kata concettuale“, che conteneva tutte le chiavi per aprire i kata di una Scuola, ma inutilizzabile con i kata di altre scuole.
- Insegnando una versione finta di tutti i kata della Scuola fino a quando non si riteneva l’allievo sufficientemente maturo per ricevere l’insegnamento dei kata originali insieme alle applicazioni reali delle tecniche ivi contenute.
Se è estremamente facile apprendere una forma classica di karate antico, è altrettanto difficile, se non impossibile, scoprire quali siano le tecniche reali che nasconde, non possedendo le chiavi per “aprirla”. Va da sé che quando i giapponesi tentarono di appropriarsi del karate di Okinawa, ciò che portarono a casa furono soltanto i kata senza le loro reali applicazioni, applicazioni che pensarono di poter “ricostruire” a posteriori, cadendo fatalmente nelle trappole di un’interpretazione “letterale” dei movimenti perché basata sulle apparenze.
Così, negli stili novecenteschi giapponesi i movimenti dei kata classici, che nel frattempo erano stati modificati e semplificati, furono interpretati in modo completamente diverso introducendo applicazioni e bunkai inventati di sana pianta, molto lontani dall’applicazione reale tramandata dalla scuola d’origine. A questo si aggiunge il fatto che nel karate antico, per la sopravvivenza di una Scuola, le applicazioni reali non venivano rivelate a tutti gli allievi ma solo a coloro che il caposcuola riteneva degni di ricevere queste conoscenze. Cioè coloro di cui l’insegnante era assolutamente certo che avrebbero fatto un uso saggio dell’insegnamento e l’avrebbero tramandato a loro volta soltanto agli allievi più fidati. Per fare un esempio, se né Mabuni, né Funakoshi, né Otsuka tramandarono il kyusho e il tuite contenuto nei kata, è perché o non ricevettero mai quell’insegnamento o non ritennero nessuno dei loro allievi degno. Nel caso specifico di Funakoshi, dai suoi scritti risulta che uno dei suoi due maestri, Anko Azato, fosse un esperto di kyusho. Funakoshi non tramandò nulla neanche al figlio in quanto stava diventando sempre più difficile insegnare il Karate secondo il vecchio modello di Okinawa. In particolar modo perché in Giappone si era sul punto di allontanare le arti marziali dalla tradizione per entrare in una visione più consumistica della loro fruizione sperando in una maggiore diffusione e, quindi, in vantaggi economici. Funakoshi era contrario a questa mentalità e cercò di evitare questi inevitabili cambiamenti. Lo stesso vale per Mabuni che pure ebbe fra le mani il Bubishi. Otsuka, invece, dopo il distacco da Funakoshi, si arrangiò a “ricostruire” il tuite andando a pescare nel Ju-jutsu giapponese e inserendolo artificialmente nel suo karate.
Il Karate si sviluppò nel xv secolo a Okinawa, piccola isola a sud-est del Giappone, allora sotto la dominazione cinese e dove, per prevenire rivolte, vi furono vietate le armi. Di conseguenza gli abitanti perfezionarono antiche tecniche di combattimento a mani nude (Tode – Mano cinese) arricchendole con elementi da arti marziali cinesi. Infatti, le radici del Karate si fanno affondare nell'arte da combattimento cinese Chao-lin, originaria dall'omonimo tempio fondato nel 495 dC e legata, come molte altre scuole, a pratiche religiose buddhiste o taoiste (vi viene inclusa anche l'insegnamento in loco di Bodhidharma, nel VI secolo, ma la sua effettiva presenza non è comprovata). Da qui però, non vi è una filiazione unica e diretta del Karate ma, naturalmente, una sua elaborazione nel corso della storia, partendo dai vissuti dei vari adepti, nonché dagli scontri e dalle influenze tra diverse scuole.
In ogni caso, è dal sud della Cina che è partita l'influenza dell'arte da combattimento verso Okinawa, dove la pratica della lotta a mani nude continuò anche nel XVII secolo, quando l'isola fu conquistata da un signore feudale giapponese che mantenne il precedente divieto di uso delle armi. Il Karate non era però praticato largamente dagli abitanti, ma era retaggio della nobiltà che vi si allenava segretamente e che, nel tempo, ne fece una manifestazione simbolica e distintiva del proprio range più che un'applicazione pratica. Tra il XVII e il XVIII secolo iniziò però una mobilità sociale tra le diverse classi, che probabilmente portò una penetrazione dell'arte dei nobili in altre fasce sociali e una sua trasmissione esoterica. Nonostante ciò, fino a prima del XIX secolo, il Karate restò ancora sconosciuto alla maggioranza della popolazione e molti segreti furono mantenuti dagli stessi praticanti. Tale segretezza e la trasmissione orale dei precetti sono le ragioni per cui libri o appunti sul Karate sono quasi inesistenti.
Era stato Anko Itosu (1830-1915) a insegnarlo per la prima volta nel 1901 in una scuola elementare e, successivamente, nel 1902 la sua pratica fu introdotta nelle ore scolastiche di educazione fisica. Pensando a una sua divulgazione verso il Giappone, Itosu scrisse “I dieci precetti del Tode”.
Nel 1906 Gichin Funakoshi (1868-1957), allievo di Itosu, fece con altri maestri la prima esibizione pubblica a Okinawa ma solo molto più tardi, nel 1922, anche a Tokyo, anno in cui pubblicò il suo primo libro sul Karate: Karate-do Kyohan
Poco si sa di Ankō Asato (安里 安恒, 1827 – 1906), il primo maestro di Funakoshi. Eppure, leggendo attentamente gli scritti di Funakoshi stesso si possono cogliere alcuni preziosi dettagli che ne illuminano la capacità tecnica. È abbondantemente documentato il fatto che Funakoshi trascorse più tempo con Asato che con Itosu. I due maestri erano stati entrambi allievi di Sokon Matsumura e quindi condividevano una buona conoscenza del karate antico del ramo Shuri-te.
Fino all’epoca di Funakoshi, il karate (allora detto Tode), si componeva di diverse discipline: Kata (ovvero la pratica delle applicazioni nascoste nei movimenti delle forme), Tuite (prese, leve e disarticolazioni), Kyusho jutsu (utilizzo dei punti vitali), Hojo Un-do (tecniche di condizionamento e irrobustimento), Kikō (tecniche per lo sviluppo dell’energia interna). Tutto questo insieme indivisibile era il Tode o Karate antico.
Sebbene il Maestro Itosu e Asato fossero fratelli nell’arte del karate, su un argomento non riuscivano a trovarsi d’accordo. Il Maestro Itosu sosteneva che si dovrebbe evitare di combattere senza motivo e che se qualcuno ti colpisce senza tuttavia provocare danni, allora la cosa dovrebbe essere gestita e superata senza problemi. Al contrario, il Maestro Asato, ritenendo che una volta coinvolti in un pestaggio non ci siano altre alternative, diceva che se si offre a qualcuno un’apertura per colpire, ci si deve sempre aspettare il peggio. Le parole del Maestro Itosu esprimevano un senso di tolleranza e di fiducia nelle proprie doti fisiche forgiate con l’allenamento, mentre il Maestro Asato continuava a sostenere la necessità di restare sempre all’erta. Un giorno i due Maestri si trovarono in una situazione disperata, circondati da una folla di giovani non ebbero altra scelta che liberarsi e battere in ritirata. Le indagini sull’episodio rivelarono che, dopo la fuga del Maestro Itosu, cinque o sei giovani vennero trovati stesi a terra privi di sensi per aver ricevuto duri colpi. Allo stesso modo, lungo il percorso che fece il Maestro Asato per allontanarsi, fu ritrovato a terra un numero eccezionalmente elevato di giovani uomini che si lamentavano sebbene avessero subito percosse lievi.
E qui si ravvede l’enorme differenza fra il karate antico di Asato e il karate già modernizzato di Itosu che privilegiava i pugni. Gli aggressori colpiti da Itosu avevano subìto un normale ko dovuto alla forza dei suoi pugni. Quelli affrontati da Asato avevano ricevuto attacchi sui punti vitali che provocano forte dolore (o anche paralizzano temporaneamente gli arti) ma senza il bisogno di provocare un ko. Questo denota una maestria superiore di Asato rispetto a Itosu. Ma potrebbe anche significare che Itosu non conoscesse affatto l’arte del Kyusho Jutsu cosa probabile considerato che, pur avendo lo stesso Maestro, secondo la tradizione del karate antico, le conoscenze più preziose venivano trasmesse solo agli allievi più adatti a preservare la loro arte e a tramandarla. E per fare questo occorreva “metterli alla prova” per molti anni.
Funakoshi riporta anche una memorabile dimostrazione di ippon nukite tenuta da Asato. Memorabile perché l’ippon nukite è una tipica tecnica del kyusho e fino a quell’epoca il karate (ancora detto Tode) si praticava in segreto e queste tecniche non erano conosciute da nessuno al di fuori della ristretta cerchia degli allievi di un maestro, e nessuno le aveva mai viste. Anche questo contribuisce a dimostrare che Asato conoscesse bene l’arte di colpire i punti vitali, che era la parte più importante del karate antico.
Ciò che è evidente è che quel patrimonio scomparve completamente negli stili codificati in epoca moderna perché dopo una sola generazione (quella di Funakoshi) non furono più tramandate. Erano troppo difficili da imparare e non erano utili ai fini della modernizzazione.
Orari
Martedì 18.35 -- 19.50
Giovedì 18.35 -- 19.50
Il corso è aperto agli adulti e a ragazzi e ragazze dai 12 anni di età.
Istruttori
Istruttore Salvatore Mayol
Napoli, 19 ottobre 1980
contatti telefonici 3519539159
email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Qualifica di Maestro di Karate
Cintura nera IV dan Karate Makotokai
Cintura nera IV dan Karate Shotokan
Qualifica di Istruttore di Kick-Boxing
cintura nera III dan
Qualifica di Istruttore di Ju-Tai-Jutsu
Cintura nera III dan
Qualifica di Istruttore di Kudo
Cintura nera I dan
Arbitro Federale Karate
Qualifica di Educatore Sportivo
Qualifica di Personal Trainer
Qualifica di Preparatore Atletico
Istruttore di Fitness
Titoli conseguiti con diverse federazioni quali FIJLKAM, ENDAS, WAKO, WKO, FIAM, A.M.I., OPES:
- Dal 1996 al 2003 più volte sul podio in competizioni regionali e nazionali specialità kumite e kata
- 2002 II° classificato Torneo Europeo specialità kumite contatto totale
- 2004 III° classificato Campionato Mondiale specialità kata e kumite contatto totale
- 2006 partecipazione Campionato Mondiale specialità kumite contatto totale (semifinali- squalificato)
- 2011 I° classificato Torneo Mondiale specialità kumite a squadre contatto totale
- 2014 partecipazione Campionato Mondiale specialità kumite contatto totale (quarti di finale – infortunio)
È stato atleta e istruttore della “Nazionale Italiana Endas – rappresentativa Campania”